E’ a Morimiondo il Museo del Presepio di Valeria Acquarone

In una strada, quasi nel centro di Morimondo, nell'edificio che fu la scuola elementare del Comune, ora sono custoditi tesori di spiritualità, arte e poesia che colpiscono forte il cuore di chiunque voglia entrarvi. Sul piazzale un ulivo di 1200 anni, segno augurio invito di pace, fa da guardia d’onore al volgersi di diorami e presepi che si inanellano per le sale ricavate da un ex capannone, trasformato in magico percorso per avvicinarsi alla bellezza, riconoscerla, gustarla, farla propria. E, se il bambin Gesù più e più volte rappresentato, con espressioni e delicatezza sempre diverse, ce ne dà la grazia, raggiungere anche Lui. Non nasce certo da un lavoro improvvisato questo cammino da percorrere con riverenza, ma affonda le radici in anni lontani: quelli dell’infanzia di Mauro Grisotti, figlio di un veterinario di Rosate, che ha ricostruito , nell’ingresso, l’antica sala della sua famiglia, con il presepio che legava strettamente l’esperienza lavorativa e quotidiana ( c’è persino la statuetta del boxer di casa) con quanto tramandato dai Vangeli, e quelli più recenti (parliamo degli anni ’90) quando Mauro, ormai medico affermato, riscoprì con la moglie Silvana il sopito, ma non spento, amore per il presepio, cominciando a collaborare con la chiesa di Santa Maria alle Grazie di Milano nell’allestimento di natività sempre diverse ma sempre ugualmente capaci di toccare la sensibilità nascosta in ognuno di noi, facendola, anche solo per un istante, emergere comprendere vedere dall’alto. Nulla nelle sue creazioni è lasciato al caso: un’attentissima ricerca storica, una documentazione precisa riguardo a suppellettili, abbigliamento, arredamento, una ricreazione assolutamente sartoriale di abiti, dai più semplici panni dei poveri ai sontuosi abiti ricamati del sommo sacerdote, alla tunica-corazza-gioiello dell’angelo che scaccia Adamo ed Eva dal paradiso terrestre. Nella scena dell’Annunciazione le piccole lucerne sovrapposte sono fedeli riproduzioni di quelle autentiche ignote ai più, e la coperta arrotolata in un canto indica che essa si trasformerà, la notte, in giaciglio, come realmente accadeva nella quotidianità. 42 sono i diorami , tutti provenienti da Santa Maria alle Grazie, che partono dalla cacciata dall’Eden e seguono poi gli episodi fondamentali della Bibbia e del Vangelo, con scene ricche di particolari realistici e fiabeschi al tempo stesso: ciascuno troverà sicuramente quello che meglio saprà parlargli, toccando le corde giuste del suo sentire. Il diorama della casa costruita sulla roccia, che non crolla in mezzo alla rovina, mi ha immediatamente rimandato alla distruzione del terremoto, Gesù che parla con i fanciulli ai pericoli in mezzo ai quali vivono, e a quale sia la via per non esserne catturati. E che dire della raffinatezza delle singole statuine, frutto del lavoro sapiente della scultrice siciliana Angela Tripi, che riesce persino a rendere vivo il vello lanoso di capre e pecore, che ti vien voglia di allungare la mano e di districarne i nodi, oppure di liberare i pesci guizzanti nelle reti ancora vivi e colorati, ma ormai strappati per sempre dal mare? E i visi delle Madonne, e i loro atteggiamenti, mamme tutte, ma diverse tra loro, come diverse sono le mamme, se non nell’amore per i loro figli, che mai come oggi hanno bisogno di essere protetti, difesi e soprattutto appunto amati. Poi ti travolgono i grandi presepi costruiti negli anni (tanti) in Santa Maria alle Grazie: l’ardita cupola del Bramante, cielo e sfondo e architettura insieme, il dedalo di strette viuzze che l’alba rischiara, il sole tinge d’arancio, la notte inghiotte, lasciando brillare solo la tenera natività in primo piano. Per i milanesi la darsena è lo sfondo lungo che dilata alla buia periferia il discreto chiarore del Natale, col suo richiamo al grande Duomo, costruito con fatica per secoli. Per i paesani la trebbiatura, con la festa sull’aia e il lavoro delle prime macchine, in un mescolarsi di sacro e profano, dove la gioia è il sentimento dominante. Ancora una natività per i non vedenti, con abiti facilmente palpabili, e il presepio più amato, quello dedicato alla memoria della madre, ricco di pathos e di suggestione. Poi il presepio che ricorda il ritorno dei domenicani nella loro chiesa dopo la cacciata di Napoleone: sono loro i novelli pastori, guidati dal fondatore con il suo bastone in mano.