LA TREBBIATURA

Il quinto presepio “LA TREBBIATURA” del 2010, è di ambientazione lombarda, e rappresentata una tipica cascina della bassa milanese, con la stalla, l’aia, e l’uso delle prime macchine agricole.

Il presepio non è solo un tentativo più o meno artistico di rappresentare attualmente l’evento storico della Natività di Cristo avvenuta circa duemila anni fa, in esso si proietta e palpita tutto lo spirito, il clima, i desideri, i sogni, insomma la vita della famiglia. Ammirando un presepio si può capire  l’aspettativa del Natale, e in un certo senso quale famiglia ci sta dietro.

Questo presepio trae motivo ispiratore dalla vita semplice e rurale che si dipanava nelle antiche cascine della campagna lombarda al momento della trebbiatura, evento che vedeva la partecipazione festosa e corale, di tutti gli abitanti della corte.
La scena della lirica Natività, composta in primo piano e suggerita da una tela del Caravaggio,
si apre e dà spazio a quei momenti di vita modesta, quotidiana,  che animano la corte cascinale:
il carro con il grano pronto ad essere trebbiato,
i contadini affacendati a un ritmo di danza,
piccoli nuclei famigliari sospesi in feriali a commoventi gesti  di vita umile e preziosa…
Ebbene, il Verbo eterno, Gesù Salvatore, ha posto la sua tenda in una cornice essenziale simile a questa, così affettuosamente rievocata nel nostro presepio. Il quale però è portatore di di un profondo messaggio evangelico rinvenibile nel raffinato simbolismo che lo adorna.
La vita della cascina viene colta nel momento della festa del grano,
questa semplice e rurale corte di altri tempi ben può denominarsi una “ nuova Betlemme “, perché Betlemme in ebraico significa “ casa del pane”. Quel Bambino deposto nella mangiatoia di una stalla che è la spiga che terbbiata, macinata, diventa la farina con cui si impasta il pane dell’immortalità.

Tra i personaggi che animano l’intero scenario, il nostro sguardo ne cattura uno che sembra, ad una prima considerazione, un estraneo, uno che non dovrebbe esserci.
Ha le sembianze di un frate in bianco e nero che si dirige verso la stalla, accerchiato da tre sacchi ricolmi di grano.
Si tratta di un omaggio, a San Domenico,  il quale inviò i suoi frati per il mondo: “ il grano ammucchiato marcisce; quello sparpagliato e gettato a mani larghe nei solchi della vita, dà frutto e fa crescere il regno di Dio”.
Così, in quei tre misteriosi sacchi sono racchiusi e prefigurati gli innumerevoli suoi figli e figlie che lungo i secoli sono divenuti piccoli chicchi  grano,
Ma c’è di più. Quel silenzioso e affascinato religioso con lo sguardo puntato sull’arcana scena della Natività vuol essere, un omaggio a un confratello che non c’è più: fra’ Venturino Alce, umilissimo e sapiente domenicano, che ebbe da Dio il dono di saper ritrarre usando matite  e pennelli.

Nella nicchia di fianco un quadro con l’immagine della MADONNA